a. . . . Linee generali di un disegno ri (65) sulle rappresentanze agrarie ’ — Affollamento di disegni sulle rappresentanze agrarie. I ceti agrari ne sentono bisogno? Esporremo qui le prime linee di un disegno di Camere d’ agricoltura. In due anni, 1920 e 1921, quattro disegni di legge sulle rappresentanze agrarie nel nostro Parlamento. E in prece- denza, a cominciare dai primi tempi del nostro risorgimento nazionale, tutta una lunga serie di voti da parte di associa- zioni, accademie, congressi agrari, come anche di disegni go- vernativi e parlamentari, in Senato o alla Camera dei deputati. C’è, dunque, il bisogno di una rappresentanza ufficiale, disciplinata cioè per legge, degli interessi collettivi dell’ agri- coltura e degli agricoltori? Una risposta precisa a questa domanda, formulata così in generale, è difficile darsi. Tuttavia qualche cosa si può rispondere. Quelle che si dicono le grandi masse poco sentono, nel complesso, i bisogni collettivi dell’ agricoltura, considerata (1) È questa una relazione da me presentata, nella primavera del 1923, in seno alla Commissione di studi tecnici ed economici della Federazione italiana dei Con- sorzi agrari. Tutte le mie conclusioni furono approvate (6 maggio 1923). Esse hanno anche avuto la ventura di essere state, in parte notevole, adottate dal Ministero dell’ economia nazionale, nel decreto legge 30 dicembre 1923, n. 3229, relativo al- l’istituzione dei Consigli agrari provinciali. Così specialmente per rispetto alle fi- nalità somme dei Consigli e al sistema elettorale, che (mi preme ripeterlo anche in questa nota) aveva un carattere transitorio. Ma i Consigli agrari provinciali — dopo avere avuto appena, appena vita in pochissime provincie — sono già stati sostituiti con i nuovi Consigli provinciali dell’ economia. Intorno a questi si vedrà il saggio che segue.