LA PAURA DELLA CARESTIA
Ho ancora presente agli occhi la candida e caratteristica
figura del Méline quando, nel gran banchetto imbandito fra
le solenni mura delle terme di Caracalla, in Roma, parlava
come presidente del congresso internazionale d’ agricoltura
(maggio 1903). Rivolgendosi all’ anfitrione G. Baccelli, ministro
d’ agricoltura, che era tutto raggiante e pomposo, uscì a chia-
marlo il nuovo « Caracallà ». L’arguzia, ricordo, fu gustata
dai presenti più di molte vivande e mi parve che provocasse
una lieve smorfia sull’ ampia faccia del ministro. No, no, non
c’è dubbio, il Méline è uomo, oltre che d’ingegno, di spirito fine.
Eppure, proprio lui, nel più recente congresso della serie
stessa a cui apparteneva quello ora accennato di Roma, nel
giugno scorso, in Gand, ha pronunciato un lugubre e apoca-
littico discorso inaugurale, che indubbiamente gli dovrà pro-
curare una accoglienza un po’ fredda da parte di Federico
Bastiat, l’ autore dei sofismi economici, quando, post mortem,
s’imbatterà in lui nell’ empireo degli economisti (dato che gli
economisti, staccati dai particolari ambienti economici in cui
ciascuno viveva in questo mondo, conservino le particolari o-
pinioni già professate).
Il Méline è uscito fuori con una eresia, ma di quelle
grosse, di quelle che sono state confutate mille volte e che
si sono viste anche contraddette palesamente da quel tanto
di esperienza che in simili casi è lecito invocare.
Diremo dell’ eresia più sotto. Ma anche subito ci viene
fatto di chiederci come mai un uomo di quella levatura eada
in errori che potrebbero essere senza indugio capiti e confu-
tati persino dagli « economisti volgari » (come gli economisti
matematici si compiacciono di appellare garbatamente quasi
tutti coloro che non appartengono al loro piccolo quanto
scelto sinedrio).
Ci si potrebbe far sopra una discussione molto lunga,
che, per giunta, potrebbe essere anche inconcludente, qualora
se ne impadronissero certi filosofi di mia conoscenza. Ma sic-
come io ho grande fretta, dico subito alla buona la mia opi-
nione in proposito. Il Méline è un uomo che, come è noto,
vive e opera nel mezzo del fervore della vita economica e,
per riflesso, politica, è uomo di parte: conservatore e agrario.
L’interesse di classe, come di parte, mette capo al sen-
timento. È il sentimento il gran Galeotto degli interessi cor-
rispondenti alla nostra posizione fra la gente. Esso finisce
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