LA PAURA DELLA CARESTIA
Ma, in fondo, l’indice più significativo è dato dal prezzo
stesso del frumento. In mezzo alla generale elevazione dei
prezzi non si può asserire che quello del grano accusi condi-
zioni o cause eccezionali, nel senso di un progressivo squi-
librio organico fra la produzione e la richiesta, come dovrebbe
essere se i timori di una più o meno vicina carestia di grano
fossero giustificati.
Nella sua « premessa » il M. attribuisce, come sì è visto,
la colpa di tutto alla « diserzione dalle campagne ». Ma an-
che qui non c’è esagerazione ? In certi giuochi della coordi-
nazione dei fatti è molto facile scambiare un effetto per una
causa e viceversa. E qualcuno di questi scambietti deve es-
sere proprio di quei tiri birboni contro la correttezza e l’ob-
biettività logica di cui abbiamo visto poco fa.
È noto infatti che una delle cause dello spopolamento
delle campagne è l’ introduzione di macchine. Ognuno lo può
vedere anche limitandosi ad osservare la produzione granaria:
basta rammentare le macchine per l’aratura, la seminagione,
la mietitura, trebbiatura, ecc. proprio del grano. La macchina
caccia il lavoratore manuale e riduce il costo di questi lavori.
Si capisce poi che lo spopolamento, avviato che siasi, alla
sua volta intensifica l’ introduzione di macchine. È la solita
vicenda dei fatti economic‘, che sono maledettamente intrec-
ciati e ingannevoli e fanno continui sgambetti e sberleffi,
come certi diavoli danteschi, attorno a certe teorie e a certe
ricette semplicistiche dei protezionisti (e, per essere giusti, di
certi liberisti, che non si sono liberati dal viziaccio di preten-
dere di risolvere con una farmaceutica formuletta qualsiasi
più complessa situazione economica) (1).
(1) Undici anni dopo di avere scritto queste parole relativamente ai liberisti
troppo assoluti e apodittici io mi sono trovato nella condizione di dovere ripetere
press’ a poco il medesimo concetto. "Vale la pena di raccontare l’ episodio. ;
Nel 1924 il prezzo del grano subì un fortissimo ribasso e gli agricoltori si sen-
tivano scoraggiati a seguitare a spendere, come pure era necessario, per rendere
sempre più intensiva la coltura del cereale. Il Giornale d’ Agricoltura della Dome-
nica provocò una serie di pareri intorno al modo di uscire dalla crisi, la quale allora
faceva l’ impressione — che poi si è dimostrata non corrispondente al vero — di
non essere affatto di breve durata.
Io risposi — n. del 3 febbraio 1924 — che sarebbe stato bene ottenere una ri-
duzione di molti costi agrari mediante la soppressione o la diminuzione del prote-
zionismo industriale, ma che, siccome questo, per ragioni politiche, non si sarebbe
ottenuto, così non era da rigettarsi l’ idea di un dazio doganale — s’ intende, tem-
poraneo o in relazione al perdurare del ribasso del grano —, di un dazio che al-
lJontanasse gli agricoltori da ogni possibile regresso e rilassatezza nella intensifi-
cazione della coltura in questione.
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