Full text: Economia rurale e politica rurale in Italia

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LA PAURA DELLA CARESTIA 21 
Si può, inoltre, asserire che la diserzione delle campa- 
gne sia reale, quando, come fa il M., non consideriamo un 
dato paese, ma tutti i paesi del grande mercato granario 
mondiale? Il M. si fissa troppo sull’ urbanesimo francese. Bi- 
sogna guardare pure i paesi di intensa emigrazione per l’ e- 
stero. In Italia ben sappiamo quello che avviene dei nostri e- 
migranti. Se buona parte di quelli diretti agli Stati Uniti si 
converte in operai industriali, grandissima parte, invece, di 
quelli che si recano nell’ America meridionale va a compiere 
lavori agricoli e massimamente gli intensi lavori che concer- 
nono la cerealicoltura ecc. E gli stessi italiani che, quando e- 
rano all’estero, non lavoravano la terra che cosa fanno quando 
ritornano nel paese nativo e come impiegano i capitali che 
riportano seco ? Sono domande codeste, di tipo retorico, di 
cui tutti ormai sanno la risposta. 
Adagio, dunque, a parlare di diserzione dalle campagne, 
mentre spesso non si tratta che di spostamenti di lavoro ru- 
rale verso i luoghi che più ne hanno bisogno e che, per 
giunta, sono e saranno sempre più — almeno per un pezzo 
— famosi per la produzione del sacro frumento. 
III. — Se prodursi tutto il grano occorrente in casa sia il 
mezzo migliore per pagarlo meno. 
Spiegatane la premessa di fatto, eccoci finalmente a 
quella che io poco reverentemente ho chiamato eresia. 
Dalla premessa, cioè dalla asserita sensibile e progres- 
siva diminuzione nella produzione mondiale del grano, quale 
Ed ecco che in un articolo della Rivoluzione liberale di Torino (n. dell’ 8 aprile 
1924) mi si lancia l’ accusa di essermi convertito al protezionismo: Coletti prote- 
zionista ! era il titolo del vivace articolo. Io replicai subito per rigettare la taccia 
ed intitolai la risposta (n. del 18 marzo della stessa Rivoluzione liberale): Non ho 
detto male di Garibaldi. Come si intuisce subito anche da questo titolo — che mi 
mi era suggerito dall’immortale Tecoppa del Ferravilla — io cercavo dimostrare 
che si era corso troppo nel chiamare protezionista uno il quale ammetteva un tem- 
poraneo dazio protettore per un singolo caso e per circostanze contingenti. Ram- 
mentavo al critico che nello stesso articolo incriminato io dichiaravo, con tanto di 
lettere, di essere liberista. E poi coglievo l’ occasione per indicare come, secondo 
me, debbono proporsi o impostarsi problemi di carattere pratico come quello di 
politica doganale che si stava discutendo. 
« Uno, in sostanza, — così scrivevo — si deve chiedere: quale la soluzione più 
conveniente per la nazione, date le circostanze concrete di oggetto, di luogo, di 
tempo ? Nel caso delle dogane, qualche volta la risposta può essere favoregole al 
mantenimento o all’introduzione di un dazio. Chi lo potrebbe escludere a priori ? 
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