NELIAPPENNINO MARCHIGIANO 157
sità all’ambiente fisico in cui la popolazione è costretta a vi-
vere e l’industria a svolgersi almeno parzialmente. Ed ap-
punto da tale adattamento sono storicamente derivate le forme
caratteristiche dell’organismo economico della nostra zona ap-
penninica: organismo, costituito per una parte dalla proprietà
privata, di solito rigidamente mantenuta e considerata, e per
l’altra parte da varie specie di comunanze e di usi civici,
così saldamente collegate con la prima ed opposta forma di
proprietà che ben difficilmente una forza estranea all’ambiente
(sia pure una forza legislativa) potrebbe riuscire a dissolverle (1).
III. — A causa delle nevi precoci e del rigore estremo
del clima, il gregge, generalmente, non è tenuto in montagna
se non nell’ estate. È mandato a svernare, per circa otto mesi,
dall’ ottobre al maggio, nell’Agro romano e nelle Maremme.
A ciò i proprietari provvedono principalmente in due maniere,
o a conto proprio o col contratto chiamato patto stucco. Non
vale la pena di parlare di altri contratti d’ importanza di gran
lunga minore.
li patto stucco è una soccida sui generis. Il piccolo pro-
prietario cede ad un affittuario (moscetto) il gregge dall’ ot-
tobre al maggio, con la condizione che lo meni a svernare
nell’Agro romano o nelle Maremme romane o toscane, gli al-
(1) Il consensus delle funzioni nell’ organismo agrario dell’Appennino trova la
sua colleganza e direi la sua prosecuzione nel sistema agricolo della Campagna
Romana. Mentre i pascoli della Campagna sono convenientissimi, anzi necessari
agli allevatori di bestiame ovino dell’Appennino centrale, i proprietari e mercanti
di campagna del Lazio trovano altamente utile il destinare al pascolo buona parte delle
loro tenute : l’ economia rurale romana e quella dell’Appennino centrale si completano
a vicenda, elevando il reddito netto del proprietario ed il profitto del mercante.
Ora (secondo abbiamo accennato), come l'industria ovina dell’Appennino trae la
sua ragione dalle condizioni fisico-economiche dell’Appennino stesso, così la pos-
sibilità economica, che la campagna Romana sia un complemento di quell’indusiria,
è basata su ragioni oggettive: — sulla poca convenienza di destinare molti terreni
della Campagna alie colture arative, mentre sono atti (causa la mitezza del clima
e la circolazione sotterranea delle acque, circostanze che creano un caldo umido
propizio alla vegetazione spontanea delle erbe) ad una ricca produzione di erbe
pascibili, — sull’esistenza della malaria, la quale, rendendo pericolosa la permanenza
dell’ agricoltore nell’Agro durante i mesi dell’ estate, fa preferire quel sistema di
economia rurale, in cui questa permanenza non sia necessaria (come appunto ac-
cade con la nostra pastorizia, che in estate si trasporta nell’ Appennino). — Per
conoscere meglio, poi, tutti i particolari di questa colleganza fra l'economia rurale
romana e quella dell’Appennino centrale, il lettore consulti il miglior lavoro d’ in-
dole economica che recentemente sia stato scritto sul vessato tema dell’ Agro ro-
mano, vogliamo dire l’opera del prof. GHINo VALENTI, La campagna romana e il suo
avvenire economico e sociale (Bologna. Fava e Garagnani, 1393; pagg. 24-27 e
passim: estratto dal Giornale degli” Economisti, 1893).