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L’ imposta fondiaria e il nuovo estimo
Ottima l’idea del ministro — vorrei, in questo caso, dire
del professore — De Stefani di far seguire ai suoi maggiori
discorsi un bel volume di dati ghiotti e freschi sul bilancio
dello Stato e su quello del paese. Ne colgo occasione per una
rapida incursione statistica nel campo finanziario.
La questione che oggi più grava sull’animo degli agri-
coltori è quella dei tributi. Si è sotto il peso, che in certe
zone d’Italia è schiacciante, delle sovrimposte fondiarie locali.
E come capita a coloro che si vedono colpiti da molti guai,
non pochi agricoltori già si preoccupano di ciò che è ancora
nell’incerto campo delle ipotesi, vale a dire delle conseguenze,
magari indirette, che potranno derivare dalla revisione cata-
stale ordinata col decreto legge 7 gennaio 1923. Cercherò di
chiarire le cose con quel poco che oggi si può dire.
Il decreto accennato non ordina, in sostanza, che un ag-
giornamento catastale per rispetto al rendimento delle colture
ecc. e ai prezzi dei prodotti. Il dato dei rendimenti è stato
finora quello segnato nei vecchi catasti, di cui alcuno è se-
colare. Per il dato dei prezzi è da ripetere altrettanto. Negli
stessi catasti nuovi, disciplinati dalla famosa legge della pe-
requazione fondiaria (1886), i prezzi da computarsi dovevano
essere sempre quelli del dodicennio 1874-85. L’ammontare dei
rendimenti delle varie colture e la misura dei prezzi che ora
si debbono rilevare e precisare dovranno essere invece quelli
del decennio anteriore al 10 gennaio 1914.
(1) Dal Corriere della Sera del 16 febbraio 1924. Questo e gli articoli finanziari
successivi formano tutto un complesso e corrispondono alle stesse idee direttive.