Full text: Economia rurale e politica rurale in Italia

L'IMPOSTA SUI REDDITI AGRARI 
ettaro sono in funzione principalmente della numerosità delle 
particolari categorie colpite e della quantità dei capitali mo- 
biliari impiegati nella coltivazione. Il Piemonte, la Lombardia 
e l’ Emilia hanno le quote più forti. Il primo forse per il gran 
numero dei piccoli proprietari coltivatori e le altre due regioni 
per l’intensità dell’ agricoltura. Le basse quote della Sicilia 
e delle Puglie accusano la presenza del latifondo e quelle, pure 
basse, dell’ Umbria e degli Abruzzi e Molise una certa povertà 
nelle aziende e nelle coltivazioni. Così è da ripetere per la 
Basilicata. Per le Puglie e l’Umbria da rammentare anche la 
grande quantità di colture legnose (olivi, vigne, ecc.). 
Molto interessante pure la terza colonna. Si vede bene 
il peso della nuova imposta, che in più regioni supera la fon- 
diaria erariale o ne resta poco al disotto (Piemonte, Lombar- 
dia, Toscana, Emilia, Marche). Si comprende subito, ad esem- 
pio, il perchè dell’implacato malcontento della Toscana — 
veggansi i suoi giornali agrari — che figura con un assai e- 
levato rapporto. Qualche rapporto molto alto, in regioni poco 
progredite, può tuttavia spiegarsi, almeno probabilmente, colla 
misura modesta dell’estimo fondiario e della relativa imposta. 
Nell’ ultima colonna mi basti segnalare i rapporti estremi. 
Il più alto è, come era da attendersi, nel Piemonte, che ri- 
conferma l’ alta proporzione dei proprietari coltivatori. Il più 
basso è nella Sardegna a popolazione rada e a larghe zone 
di coltura estensiva. 
IV. — La conclusione pratica che viene fuori dalla ta- 
bella è quella che varrà per tutto l’ articolo. 
La novella imposta non è punto leggera. Quando si stava 
istituendo, si parlava solo di un’ ottantina di milioni, che poi 
sono saliti, sommando la parte dei proprietari e quella dei 
coloni, a ben più del doppio. Non mai come nelle imposizioni 
fiscali è vero il detto, che l’appetito viene mangiando. Si 
guardi al futuro. In forza del decreto 30 dicembre 1923, gli 
accertamenti dei redditi degli anni 1923-24 restano confermati 
per l’anno 1925 e suecessivi. Diviene così facile la tentazione 
di far salire il gettito mediante un accrescimento della ali- 
quota. Nelle istruzioni ministeriali 20 marzo 1923 (par. VII) 
già si avverte espressamente che l’ aliquota del 10 per cento 
« è più mite di quelle stabilite per gli altri redditi industriali 
e commerciali » Occorre, dunque, stare in guardia. 
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